GIANNI DE TORA

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1980 Libreria Marotta, Napoli 28 novembre 18 dicembre

"I SEGNI 1970-72"
 
ARTICOLO DI GINO GRASSI SU NAPOLI OGGI DEL 17.12.1980

DE TORA: PROGETTI PER NUOVE RICERCHE
De Tora presenta al Club della Grafica tutta la fase progettuale della sua attuale ricerca. Una specie di indagine all'interno della propria indagine; una precisazione di tempi e di temi (anche per puntualizzare orgogliosamente come la sua scintilla analitica abbia precorso altre operazioni metalinguistiche); una esigenza di chiarire la necessità che la pittura (al di là di ogni deformazione intellettualistica) deve essere atto mentale. In un momento in cui la concettualità viene dichiarata decaduta quando è fine a se stessa ma esce trionfante nella battaglia per il recupero della pittura, De Tora tiene giustamente a ribadire (sottolineando chiaramente un analogo atteggiamento di Riccini) di aver iniziato ben per tempo una ricerca a monte dell'opera onde decifrare non solo il rapporto segreto tra l'autore e l'opera ma anche tra l'opera e se stessa. Che tutta questa operazione, così sottilmente razionalizzata e di destrutturalizzazione del linguaggio, non sia altro che un'analisi su di un codice di comunicazione storicizzato e su di un assunto universalmente accettato per trarne chiari elementi di investigazione sulla matrice di tutta la fenomenologia presa in esame, e cioè sulla memoria, mi sembra un fatto abbastanza scontato.Ma mi pare anche chiaro che l'analisi della forma deve essere intesa non come ricerca astratta vera e propria ma come analisi di una metodologia, la sola che consente un accertamento oggettivo. E, attraverso l'analisi di una metodologia, De Tora cerca di approfondire le leggi che regolano, a livello mentale, il processo creativo.Giustamente Finizio (che ha seguito acutamente l'evolversi della ricerca di De Tora e degli altri artisti che fanno parte del Gruppo «Geometria e ricerca») afferma che «non solo nell'ambito napoletano ma in un confronto d'orizzonte più ampio, l'incontro tra De Tora e gli altri sei segna una solidale esperienza di concretezza operativa rispetto ai proponimenti varia- mente comportamentistici e comunque rivolti a una sorta si dissoluzione delle pratiche artisti- che. Alla ormai rassegnata, se non proprio, autolesionistica perdita dell'oggetto artistico, tra fenomeni di Body - art, concettualismo, «Narrative - art » e, per ultimo, azioni nel sociale che dalla falsa alternativa di Opera e comportamento proposta alla Biennale del '72 si è giunti - af- ferma Finizio - alle recenti prese di posizione sul recupero del privato, ma De Tora e gli altri di «Geometria e ricerca» hanno il merito (anche se non da soli), di ribadire l'inesauribile continuità del valore dell'incidenza e dell'azione innovativa che hanno in sè le pratiche storiche dell'arte. È evidente che queste osservazioni di Finizio sono vecchie di qualche semestre in quanto l'azione della Nuova Pittura ha finito per scardinare tutto l'edificio costruito da body - artisti e concettuali di tutte le estrazioni e che il ritorno all'opera, che era fatale, è oggi un fatto accertato. Ma bisogna dire anche che il ritorno all'opera non si è verificato tout court e con un semplice processo restaurativo. Nel grande fiume dell'arte nulla, come ho più volte detto, passa senza lasciare tracce. Cosi avvenne per la pittura di azione e per l'informale, cosi è accaduto per i vari concettualismi: questi movimenti sono stati inglobati nelle nuove ricerche analitiche che hanno riportato in auge l'opera. E a questo fenomeno ho accennato all'inizio di questa recensione. Si trattava dunque di restituire l'arte visiva all'arte visiva e toglierla dal dominio della teatralità. (Come sappiamo, la Gestualità ricorreva quasi truffaldinamente alla riproduzione fotografica dell'azione per ristabilire il «tramite - opera», che, uscito dalla porta, rientrava dalla finestra).Ora le arti visive, e De Tora ce lo dimostra, si manifestano secondo la loro funzione fisiologica e non attraverso una funzione alternativa e mistificata. Ma è anche vero che un Paolini non può non aver influenzato il ritorno alla pittura. Perciò si è pervenuti all'analisi dell'atto artistico attraverso la pittura stessa, e cioè all'investigazione sul percorso dell'opera, dalla scintilla memoriale alla esecuzione; e all'approfondimento del metodo linguistico. La «Nuova Astrazione» di De Tora e c. o la Nuova Pittura di Verna e Olivieri (per niente contraddittorie) sono le due facce della stessa realtà: la ricerca pittorica come riflessione. Il pittore non può vivere in balia del proprio istinto creativo e all'oscuro dei motivi che determinano ogni proprio comportamento: l'artista (giovane) di oggi vuole essere problematicamente consapevole di tutto. L'Irrazionalismo può anche condurre l'umanità alla catastrofe.

 
ARTICOLO DI MARIA DI DOMENICO ROCCASALVA SU PAESE SERA DEL 16.12.1980

QUELLA FRECCIA CHE SI SCOMPONE E RICOMPONE

L'OPERA grafica che Gianni De Tora espone alla libreria Marotta, risale al 1972 e costituisce la base della sua attuale ricerca geometrica che si fonda sullo strutturalismo metodologico.In tutti i disegni I'elemento ricorrente analizzato da De Tora, è una freccia indicatrice, che egli scompone e ricompone. La freccia è un segnale immediato e perentorio che indica un orientamento, e come tale ha una funzione puramente informativa, non comunicativa, in quanto non comunica nessun "senso", cioè nessun significato. Proprio per questa sua icasticità, il segnale rifiuta qualsiasi interpretazione. Tuttavia la freccia non denota solo una direzione, ma occupa, con la sua forma, uno spazio. Questo spazio noi lo percepiamo in virtù della sua presenza, e possiamo stimarlo e calcolarlo. Ogni atto di percezione spaziale, infatti, racchiude in sé un atto di misura e quindi di ragionamento matematico. Ma il ragio- namento matematico, al pari del codice che ordina l'informazione, immobilizza; la freccia, invece, che nell'opera di De Tora ha un carattere simbolico, vuole condurre dalla spazialità del dato materiale allo spazio come "forma" dell'oggetto e vuole mostrare come questa strada conduca, attraverso la regione della formazione simbolica, al duplice senso di "rappresentazione"e di "significazione". In questo spazio i singoli "luoghi" della rappresentazione non sono più distinti da certi caratteri qualitativi e sensibili, ma compaiono in essi determinate relazioni, che costituiscono l'ordinamento spaziale. Queste relazioni permettono di distinguere il "qui" e il "là", il sopra e il sotto, la destra e la sinistra, ma nello stesso tempo collegano questi termini dialettici in un rapporto di misura.Questo rapporto è ciò che interessa l'analisi strutturale dello spazio cui si dedica De Tora al fine di trasformare ulteriormente lo spazio rappresentativo in spazio di significazione, che permetterà di dare un senso al suo messaggio estetico. Scomponendo il segno iniziale in tanti piccoli segni, egli ne vuole studiare il valore posizionale per verificare come, mutando le relazioni, muti anche il significato. Egli considera, in questo procedimento di verifica, il segno iniziale come una proposizione, la quale si può scomporre negli elementi che la costituiscono e che sono le parole, o più appropriatamente, i morfemi.Seguendo la teoria di Hjelmslev egli applica alla proposizione la proprietà commutativa (cambiando il significante, cioè la freccia, il signifìcato cioè la direzione non cambia) e la proprietà sostitutiva (cambiando il significante, il significato resta immutato). Nel primo caso si ha l'invariabilità della struttura, nel secondo caso la variabilità del contesto. La geometria metrica considera essenziali a una figura spaziale tutte quelle proprietà che non vengono modificate da determinate trasformazioni, che possono essere di spostamento della figura, di ingrandimento, di inversione dell'ordine ecc. La figura iniziale, quindi, secondo la geometria metrica dovrebbe rimanere identica a se stessa. Ma il concetto di spazio che la nostra esperienza sensibile ha elaborato, pur sorgendo da una pluralità di fenomeni, di "immagini" ottiche, che vengono assunte come rappresentazioni di un solo e medesimo oggetto, è differente dallo spazio simbolico puramente geometrico. Ogni vo1ta – infatti- che si sposta il punto di riferimento, ogni volta che cambia la specie della relazione, il segno iniziale (il fenomeno) acquista non solo un diverso significato astratto, ma anche un diverso senso e un diverso contenuto concreto. Queste modificazioni sono vere e proprie esperienze.

 
ARTICOLO DI MARIA DI DOMENICO ROCCASALVA SU PAESE SERA DEL 3.12.1980

LIBRERIA MAROTTA - via dei Mille 78

Dal oggi fino al 10 la mostra di disegni di Gianni De Tora: un'analisi sulla struttura del segno come ricerca del «senso». Il segno analizzato da De Tora è una freccia indicatrice osservata in tutte le sue sconnessioni e frantumazioni possibili. Da un lato, quindi, la natura della singolarità delle direzioni di ciascun segno, dall'altro l'esistenza di questo segno senza direzione. Con questo lavoro del 1972 De Tora intende sottolineare che i segni restano sprovvisti di senso fino a quando non entrano nell'organizzazione della superficie, che assicura la risonanza, cioè la relazione di reciprocità fra ciascuno di essi.

 
ARTICOLO DI MARIA DI DOMENICO ROCCASALVA SU PAESE SERA DEL11.12.1980

LIBRERIA MAROTTA -Via dei Mille 78

La direzione del Club della Grafica in considerazione degli eventi contingenti e delle specifiche richieste degli operatori culturali, ha deciso di prorogare la mostra "I segni" di Gianni De Tora fino al 18 dicembre. In questa mostra l'artista napoletano presenta una indagine sulla struttura del segno che espose nel 1972 alla galleria Numero di Venezia e alla galleria Fiamma Vigo di Roma e che espone per la prima volta a Napoli. Questi lavori costituiscono la premessa alla ricerca sulla luce-segno-struttura che lo vede attualmente all'interno del gruppo Geometria e Ricerca.

 
immagine catolina-catalogo mostra personale
 

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